Michele Di Donato & Sandra De Falco
Michele Di Donato & Sandra De Falco

Michele Di Donato & Sandra De Falco

Sandra De Falco (Archivio Tarantino) dialoga con Michele Di Donato (ilpickwic.it) su Antonio Tarantino
Lo sguardo e la veduta | Biblioteca Galleggiante dello Spettacolo TIP Teatro | Lamezia Terme 20/05/2021

Michele: Buonasera a tutti, per il quarto giorno di “Lo sguardo e la veduta” siamo oggi in compagnia di Sandra De Falco dell’Archivio Antonio Tarantino per raccontare… per condurre queste conversazioni, queste “altre conversazioni”, come le ha definite Sandra De Falco, sulla figura di un drammaturgo che è stato un punto di riferimento per più generazioni di teatranti. Una figura particolare che è arrivata alla scrittura nella seconda fase della propria vita, scoprendosi drammaturgo negli anni ‘90 – a oltre cinquant’anni – provenendo dal mondo della pittura. E approfittiamo del fatto che sia appena stata pubblicata da Cue Press la drammaturgia di Barabba. Cedo subito la parola a Sandra De Falco affinché ce ne parli.

Sandra: Buonasera a tutti, sono molto emozionata… è la prima volta che parlo in pubblico di Tarantino… questo focus del TIP Teatro è il primo tributo pubblico  all’autore, a parte alcune repliche di suoi testi l’estate scorsa all’aperto. Siamo, secondo la locuzione super attuale, “in presenza” – insieme finalmente! – per ricordare Antonio Tarantino e per parlare anche, visto che questo festival ragiona di nuova editoria teatrale, del progetto editoriale a cui stiamo lavorando con Cue Press, casa editrice capitanata da Mattia Visani. Appena si è conclusa la conversazione telefonica con Dario Natale, in cui mi parlava del festival e che ringrazio per l’invito, mi sono tornate alla memoria alcune conversazioni avute con Tarantino negli anni e che di solito avvenivano dopo la prima lettura di un testo appena scritto.
Ed è un ricordo che mi diverte perché spesso ci si fermava, e come a volte capita ci chiedevamo: “Ma perché stiamo parlando di questo?”. L’argomento iniziale da cui si era partiti si perdeva, confluivano due pensieri diversi, il suo del drammaturgo tout court il cui lavoro terminava quando era scritta l’ultima pagina del testo, e il mio, quello di chi guarda al testo in tutto il processo che lo porta in scena. Lo sguardo aperto che includeva sempre nuove parentesi, nuove parentesi, nuove parentesi… l’orizzonte del linguaggio si faceva sempre più vasto, si aggrappava a tante possibilità. E ricordando mi venivano in mente anche altre conversazioni – che raccolgo intorno a me, che possono venire dai media o che a volte mi coinvolgono personalmente – dove lo sguardo è più ristretto, dove ciò che accade si mette in relazione sempre alle stesse cose o a poche cose e quindi anche il linguaggio ne risente. Se lo sguardo semplifica, anche il linguaggio subisce questa influenza, si svaluta. È consolante però il fatto che il linguaggio possa percorrere la strada in senso opposto, dalle parole dei poeti fino al nostro dire quotidiano se lo vogliamo, può incidere, può creare nuove visioni dei fatti intorno a noi.
E di conversazione in conversazione non potevano non venirmi in mente quelle con Mattia Visani che, per il mezzo usato (siamo sempre al telefono, lui è a Imola, io a Roma), sono rapide e molto concrete, ne basta citare una per tutte di qualche anno fa  in cui gli parlai dell’archivio e lui disse: “Pubblichiamo tutto! Tutto!”.
Questa mossa editoriale mi colpì molto, dichiarava la volontà di creare uno sguardo letterario esaustivo sull’autore, una volontà sganciata dalle dinamiche che conoscevo, per cui si pubblica un titolo invece di un altro, per questo o quest’altro motivo… oppure si pubblica contestualmente alla messinscena del testo, eccetera eccetera. Il lavoro dell’archivio avevo iniziato a farlo insieme a Tarantino e ora proseguo da sola. Mettere in ordine la produzione drammatica tra editi e inediti, che possono essere testi compiuti o solo degli stralci che costituiscono monologhi come per esempio La scena a cui darà voce domani Licia Lanera, i disegni, perché come hai detto prima, è stato pittore fino a un certo punto della sua vita, canzoni, poesie, libretto d’opera, qualche racconto.
All’inizio per me il lavoro sugli inediti nacque anche da un bisogno legato alla pedagogia teatrale. Quando mi capita di insegnare in vari contesti di formazione, mi diverto molto sì a lavorare su testi (questo vale per qualunque autore) che conosco bene perché li ho portati in scena come attrice o regista, ma mi diverte anche posare lo sguardo su un materiale intatto per me, per muovere i primi passi insieme agli studenti.
Con Cue Press avevamo già un precedente con Materiali per una tragedia tedesca,  uscito in concomitanza dello spettacolo di Fabrizio Arcuri, e il Giuseppe Verdi a Napoli, uscito insieme allo spettacolo che ho diretto io. Il Giuseppe Verdi a Napoli è l’ultimo testo che ha scritto Tarantino ed è ispirato al lungo carteggio tra Verdi e Salvatore Cammarano, uno dei suoi librettisti.
Pubblichiamo tutto! E da cosa partiamo? Sicuramente da un inedito, da quello che Tarantino definì una bomba da lanciare sul teatro italiano: Barabba. Che stava nel cassetto da qualche anno, lui una volta scritto il testo non se ne occupava più… E accanto all’inedito ripubblichiamo un testo fuori catalogo, come quasi tutti praticamente da quando Ubulibri ha chiuso i battenti. C’era l’imbarazzo della scelta e da questo imbarazzo ci hanno sollevato Elvira Frosini e Daniele Timpano che tempo fa stavano facendo uno studio su Gramsci e non riuscivano a trovare il Gramsci a Turi. Parte un  loro post su Facebook: “Stiamo cercando Gramsci a Turi di Antonio Tarantino. Ma è possibile che in Italia uno cerca un testo di Antonio Tarantino e non lo trova da nessuna parte?”. Ricordo anche il commento di Dario Natale: “INFATTI”. E  Gramsci a Turi sia! con la prefazione proprio di Elvira e Daniele, e Barabba con la prefazione di Andrea Porcheddu. Un elemento di discontinuità editoriale con le precedenti edizioni è che con Cue Press stiamo pubblicando anche alcuni disegni, in Barabba ce ne sono tre: Crocifissione, Resurrezione e Angeli Pasquali mentre l’Autoritratto è in copertina col Gramsci.
In questo momento stiamo lavorando ad altri titoli introvabili divisi in tre volumi in forma di dittico, con riferimento all’area geografica in cui avvengono i fatti raccontati nei testi: Dittico Italiano, Dittico Arabo e Dittico Tedesco.
In Dittico Arabo abbiamo La casa di Ramallah: un padre e una madre accompagnano la loro figlia a farsi esplodere in un supermercato, (sono stata la prima interprete del testo nel 2004 a Benevento Città Spettacolo) e La pace: due ex leader di quell’area geografica, Arafat e Sharon (condannati all’esilio e sottoposti all’interdetto dell’acqua e del fuoco) fanno il loro spettacolo durante un tragitto ricco di incontri lungo la costa tunisina e nel deserto.
Trattato di pace e Esequie solenni compongono Dittico Italiano, e qui siamo a casa nostra. Il Trattato conta circa sessanta personaggi e al centro dell’azione c’è il viaggio di De Gasperi a Londra alla Lancaster House per i preliminari al trattato di pace e in Esequie troviamo la Iotti (Leona) in dialogo con la vedova De Gasperi (Franca).
In Dittico Tedesco vi sono i Materiali per una tragedia tedesca in versione integrale e Conversazioni, una sorta di capitolo ultimo dei Materiali.
Dei Materiali vengono pubblicati anche i disegni che Tarantino ha fatto in riferimento ad alcune scene del testo: In un antro buio, Il comitato di crisi, Kamera silens, Due comici al telefono eccetera.
Tarantino era solito vedere le sue opere rappresentate alla prima ma in qualche rara occasione ha anche seguito un po’ il lavoro delle prove. Credo fosse il 2003, per il Progetto Petrolio di Mario Martone, ci fu un’edizione dei Materiali diretta da Werner Waas a cui presi parte: in quattro attori ci spartimmo in due serate tutti i personaggi di questo monumentale testo. Tarantino venne a seguire qualche prova, era molto divertito di assistere al lavoro che fanno gli attori prima che le parole comincino a “girare”. E dico girare perché mi viene in mente il primo incontro avuto con lui. Ci eravamo già incontrati in occasione della recita di Lustrini ma avevamo scambiato poche parole. Mesi dopo va in scena a Roma La passione secondo Giovanni e io corro a teatro, era su per pochi giorni, non volevo perdermelo.
Appena arrivo, già la via del teatro era affollata, fila in biglietteria e scorgo su questo sfondo, un po’ in disparte, un uomo che cammina su e giù e che segue un suo discorso interno, riconosco Tarantino e lo vado a salutare.
– Tarantino! Qui è tutto pieno… io non ho neanche il biglietto…
– Ah! Neppure io ho il biglietto!
– Ma vada in biglietteria che sicuramente ci sono gli accrediti per lei!
Guardammo lo spettacolo insieme e ricordo che c’era un’atmosfera quasi tesa, tanta era l’attenzione per quello che accadeva in scena. Appena partirono le prime risate si girò verso di me e mi chiese: “Gira no? Gira bene no?…”. “Altroché…”.
Stavamo parlando dei Materiali, le prove… Un giorno si presentò alle prove con dei fogli e degli acquerelli e iniziò a disegnare, usammo i disegni nello spettacolo.
Prese anche parte allo spettacolo a Napoli, era seduto sotto il palco, tra un tempo e l’altro confortava il pubblico con bicchieri di vino rosso che il pubblico comprava in processione… versava da una grossa damigiana sistemata su un tavolino. Ci siamo divertiti, la mescita d’autore ci dava anche tempo di riprendere fiato.
In Conversazioni, che iniziò a buttare giù sempre durante le prove di questi Materiali, ritroviamo i componenti della banda Baader Meinhof: Gudrun, Andreas, Jan Karl, Ulrike e la Moeller, vivi, avviati dal governo tedesco a un programma di recupero sociale per soggetti particolarmente pericolosi. Tarantino assegna a ognuno di loro una nuova identità e li nasconde sotto i nomi di noi attori, Carla, Sandra, Fabrizio, Gabriele e Barbara, che invece è un omaggio a Barbara Nativi.
Verrà anche il momento del Giulio Cesare, inedito, e qui si è superato: siamo intorno ai cento personaggi. Ci aspetta poi un volume che raccoglie un misto di testi editi e inediti riferiti ad argomenti drammatici del teatro classico antico: Medea, Cara Medea, Piccola Antigone e Messaggeri. Infine un volume monstre che mette insieme tanti scritti tra editi e non, gli stralci di cui parlavo prima eccetera.

Michele: È un’opera mastodontica proprio dal punto di vista del lavoro, del lavoro già fatto e di quello ancora da fare. Io volevo soffermarmi su uno degli aspetti che hai toccato in questa prima ampia presentazione che hai fatto del lavoro e che è il linguaggio, il linguaggio di Tarantino e mi affido alle parole che ha scritto qualcun altro, alle parole di Sergio Lo Gatto su Teatro e Critica a proposito della parola di Antonio Tarantino, lui scrive: “La parola di Antonio Tarantino è forse uno dei regali più belli che il nostro teatro abbia ricevuto negli ultimi decenni, una parola fluviale maleducata, a volte messianica, fratturata nelle sue mille giunture, infilata in bocca a personaggi ora eterei ora terribilmente sanguigni e reali”. Che linguaggio è quello di Antonio Tarantino?

Sandra: Un linguaggio di chi pensa alla lingua come qualcosa che deve essere non tutelata, non protetta e neanche salvata… da chi poi? Una lingua che non risparmia niente, che guarda anche ai suoi processi di svalutazione, che anzi deve guardare questi processi se vuole essere al passo coi tempi. Qualcosa che va esplorata in tutte le direzioni, in tutte le sue forme e deformità per moltiplicare i codici espressivi… Così ci possiamo permettere di pensare cose che non abbiamo mai pensato, possiamo accrescere la somma di ciò che siamo in grado di pensare.

Michele: E oltre al linguaggio che ne è sicuramente la parte emergente, secondo te dove risiede la forza e quali sono le peculiarità dell’opera di Tarantino che lo rendono un autore così necessario per esempio anche dalle nuove generazioni di teatranti?

Sandra: Nel corpo. L’emozione che ti colpisce di fronte a un fatto, a una persona, quanto più è autentica questa emozione tanto più quello che comincia a conformarsi come materiale drammaturgico chiede di essere organizzato in una nuova  “amministrazione”… Sì che tu scegli nel momento in cui scrivi ciò che scrivi, però non sei lì che la mattina ti svegli e intingi i biscotti nel tè alla rima (così diceva)… la parola è un ente autonomo e devi essere disponibile a tutto, a farti fare tutto… accarezzami, menami, mi inginocchio eccetera eccetera… quando si parte da un corpo a corpo così è naturale che poi questo ente cerchi un altro corpo ancora, quello dell’attore. La disponibilità è impegnativa ma ha anche degli effetti sorprendenti.

Michele: Che eredità lascia e soprattutto chi la raccoglie?

Sandra: Fin dai primi testi è stato definito un classico. La letteratura teatrale è di tutti, l’eredità la raccoglie chi vuole raccoglierla, lettori, attori, registi, drammaturghi.

Michele: C’era un ultima cosa che ti volevo chiedere, che riguardava il rapporto con Franco Quadri…

Sandra: Tarantino è stato scoperto da Quadri con lo Stabat Mater, io ho incontrato Tarantino dopo…

Michele: Però immagino che nelle vostre conversazioni anche questo argomento…

Sandra: Certo. È l’inizio di tutto. Tarantino appena chiude con la pittura, legge molta poesia italiana, inizia a scrivere poesie ma sente questo ambito un po’ stretto per lui… aveva bisogno di sentirsi più libero.

Michele: Ricordiamo che siamo al principio degli anni ‘90…

Sandra: Sì… scrive Stabat Mater in versi molto liberi e lo invia per posta dentro una busta – all’antica, Tarantino non usava il computer – a Quadri, il quale dopo qualche mese gli risponde, lo cerca. Poi le pubblicazioni, i premi, il loro non era solo un rapporto di lavoro ma anche di amicizia, nonostante avessero poche occasioni di frequentazione abitando in due città diverse. È il via a proseguire con gli altri titoli della tetralogia. È stata una buona stella che messo in luce il destino di Antonio.

Michele: Ti faccio un ultima domanda, ultimissima davvero, più emotiva visto che sei colei che da sola sta curando l’archivio. Quando questa operazione sarà arrivata alla fine, quando sarà giunta al compimento, qual è la sensazione che pensi proverai, quella di aver chiuso un cerchio, quella anche di esserti dovuta necessariamente staccare da una parte importante anche della tua stessa vita, umana oltre che professionale?

Sandra: Questa operazione richiede molto tempo, è vero e per far sì che non occupi tutto ma proprio tutto il mio tempo non mi do scadenze, seguo i miei ritmi, quello che posso sostenere, anche con Cue Press non ci diamo mai scadenze. L’archivio è una parte della mia vita teatrale, sono regista freelance, sono impegnata sul fronte della didattica.
Si rinuncia anche a tante cose… è anche una fortuna però. Per esempio nel periodo del lockdown, con i teatri chiusi le scuole di teatro chiuse o aperte a intermittenza, ho colto il momento di vuoto per immergermi nella cura editoriale dei volumi appena usciti. È stata una salvezza mentale, un antidoto alla noia, ha calmato la rabbia. Pensavo: se questi testi e i testi teatrali in generale, in prima battuta, arrivano anche solo al lettore (poi arriveranno anche in teatro, Covid o non Covid) è importante, siamo salvi, almeno un po’. Le parole “scrivono” il libro ma poi scrivono anche chi  legge il libro, ci riscrivono dalla testa ai piedi. Vanno avanti, come il teatro… una storia che va avanti da secoli e non finirà mai, infinita.

Michele: Bene ringraziamo Sandra De Falco di averci fatto dono di questo tratto di storia infinita e ricordiamo che l’omaggio ad Antonio Tarantino prosegue questa sera con Il vespro della Beata Vergine di Scenari Visibili e domani sera con La scena, della Compagnia Licia Lanera. Grazie a tutti.

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Leggi Sulle Orme di Antonio Tarantino di Michele Di Donato (ilpickwick.it)